Morte a Venezia (1971) – Appunti (uso della colonna sonora)

Morte a Venezia (1971) – Appunti (uso della colonna sonora)

I testi che, come questo, fanno parte della sezione Appunti non sono veri e propri articoli ma, come suggerisce il nome, appunti presi durante la visione del film per analizzare determinati aspetti di una pellicola (in questo caso la colonna sonora).

Morte a Venezia di Luchino Visconti (1971)

In un film in cui i silenzi fanno da protagonisti, Visconti ricorre molto spesso alle musiche di Mahler, per raccontare lo stato d’animo del protagonista, la sua distruzione, la sua fine. Non è un caso, inoltre, che Visconti opti per le musiche di Mahler, di cui Gustav, già negli intenti di Thomas Mann (ma meno esplicitamente), rappresenta l’incarnazione. Quella di Mann era un’opera letteraria che oscillava tra istanze autobiografiche e riferimenti alla vita di Mahler, in quanto il musicista aveva sempre rifiutato la propria omosessualità. Gustav, proprio come Mahler, è un musicista che si trova a fare i conti con un sentimento impossibile, attratto da un corpo giovane e bello ma consapevole di essere troppo vecchio per quel tipo di sentimento.

L’opera inizia con l’Adagietto, IV Movimento della Quinta Sinfonia, e si conclude con lo stesso brano, tracciando una sorta di movimento circolare. E l’inizio è segnato proprio dall’arrivo di Gustav a Venezia, accompagnato dall’Adagietto che viene brutalmente interrotto dai suoni delle sirene della nave che creano immediatamente una sensazione di disagio.

Per tutto il film, musiche malinconiche sottolineano lo stato d’animo del protagonista, corroborano quella solitudine che le immagini tendono continuamente a sottolineare. Ci sono, infatti, molte scene in cui musiche malinconiche accompagnano movimenti di convivialità, nei quali la figura di Gustav, triste e sola, si contrappone all’atmosfera che lo circonda.

E sono proprio le note di Mahler che nella maggior parte delle scene diventano veri e propri elementi narrativi, capaci di descrivere perfettamente lo stato d’animo di Gustav, uno stato d’animo che le parole, a differenza della musica, non sarebbero in grado di spiegare. Al minuto 59, nella scena in cui Gustav decide di tornare a casa, le immagini ci mostrano continuamente il suo primo piano (mentre lui è sul vaporetto) e la musica rivela ogni sfaccettatura dell’interiorità di un uomo distrutto, giunto alla fine. Gustav non parla quasi con nessuno, non rivolge mai parola a Tadzio durante tutto il film, non ha nessuno a cui poter comunicare ciò che lo tormento e lo annienta lentamente. È un uomo solo, questa è la sua disgrazia. È quando Gustav decide di tornare a Venezia che la musica sembra acquisire quasi un tono più solenne: come se la presenza di Tadzio – un figurato ritorno da lui – potesse diventare l’illusione di una “salvezza”. In questa sequenza, ci sono diversi punti di sincronizzazione: uno di questi fa risuonare diversamente le parole di Gustav (“Intendo ritornare immediatamente al Lido”), l’altro, in corrispondenza di un picco sonoro, sembra evidenziare il sussulto di Gustav nel momento in cui, dalla finestra, rivede Tadzio.

Un altro punto di sincronizzazione si ha in una sequenza successiva quando Gustav cammina in una Venezia invasa dalle fiamme e dalla dilagante epidemia. In questo caso la musica raggiunge il suo apice quando Tadzio esce fuori dal campo dopo aver guardato Gustav da lontano. Un altro brano classico presente nel film è “Per Elisa” di Mozart, oscillante tra una dimensione diegetica e una extradiegetica. Gustav vede Tadzio suonare il brano al piano, ma non è chiaro se sia una sua fantasia o una visione reale (nell’ inquadratura successiva Tadzio non c’è più). Questa scena crea un collegamento con un flashback in cui vediamo Gustav che vede una prostituta – con la quale ha appena avuto un rapporto – suonare al pianoforte lo stesso brano. Si crea un inevitabile collegamento tra Tadzio e la prostituta (Tadzio come surrogato della prostituta), entrambi simbolo di giovinezza, bellezza e amore.

Un’altra sequenza importante è quella in cui Gustav, pensieroso e malinconico come sempre, sente “Chi vuole con le donne aver fortuna” di Armando Gill del 1917, suonata e cantata da una piccola banda musicale nella veranda del Grand Hotel. Questo brano, una canzonetta allegra e spensierata, costituisce un elemento ironico in quanto si contrappone allo stato d’animo del protagonista (e ai brani che sottolineano tale stato d’animo) e alla paura che sta nascendo dentro di lui dovuta alla situazione epidemica che si sta sviluppando a Venezia e di cui lui cova più che un sospetto.

Il finale è uno dei più belli della storia del cinema. Gustav è in spiaggia, truccato (come per cancellare le tracce della vecchiaia). Una donna intona, senza musica, la Ninna Nanna di Modest Mussorgsky. Se la ninna nanna è la musica che precede il sonno, in questo caso essa diventa ciò che precede e annuncia la morte (un sonno eterno). Segue l’Adagietto di Mahler, mentre il trucco inizia a colare sul viso di un morente Gustav che, da lontano, contempla allontanarsi l’oggetto del suo desiderio che alza una mano indicando qualcosa di indefinito, forse la via dell’aldilà in cui Gustav sta per addentrarsi. 

Le musiche del film sono per lo più tratte dal repertorio di Gustav Mahler, con Adagietto, ossia IV movimento della Quinta Sinfonia, con il primo movimento che è una marcia funebre (in tema con il film).